Day 2: Agra e il Taj Mahal

Lunedì 28 ottobre
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Superata la dogana senza multe o arresti per aver portato con noi prosciutto o frutta, cambiamo un po’ di euro in rupie e recuperiamo le valigie: ci sono tutte! Passiamo nella zona successiva dove, superata la zona duty free c’è un Costa Caffè e, mentre facciamo colazione Mirco e Michela escono a fuori a fumare lasciandoci le valigie, non sapendo che una volta usciti non si può rientrare!
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Il treno di Nishita, la ragazza indiana di Afs che ci accompagnerà per tutto il viaggio, aveva tre ore di ritardo, regalandoci un po’ più di calma per far colazione e andare in bagno; tra le scoperte iniziali vediamo che usano come valigie pacchi involtati in stoffa e legari con corde e cordini che alla Camilla ricordano di materassi e che la foschia e il suono dei clacson sono un po’ delle costanti.
Il nostro pulman già ci aspetta: sistemate le valigie si parte alla volta della città di Nuova Delhi, dove recuperiamo Nishita, e proseguiamo per Agra: siamo tutti stanchissimi e dopo poco la fase “fotografo tutto quello che vedo, mioddio che spettacolo” è sostituita gradualmente da “Zzzzzz, che comodo il cullare a sobbalzi di questo autobus”.
Verso le 10,35 ci fermiamo a un’area di sosta lungo l’utostrada e Agra è sempre più vicina: un’oretta ci separa dall’albergo, dal pranzo al McDonald e dalla visita al Taj Mahal!

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Lasciato con fatica l’albergo dove dei comodissimi letti ci stavano tentando, saliamo sull’autobus su cui staremo solo per pochi metri, perché dovremo cambiare mezzo di locomozione: nella strada che porta all’ingresso del Taj Mahal i veicoli non elettrici non sono ammessi, fatta eccezione per le auto dei residenti e le moto; due mini-bus elettrici, facendo lo slamon tra turisti, indigeni e api-taxi, ci portano fino al posto più vicino raggiungibile in auto da cui camminiamo cinque minuti per arrivare al portone del “Palazzo della Corona”.
Mini bus per Taj Mahal
La guida ci divide tra donne e uomini per essere perquisiti e fare i controlli di sicurezza, passando borse e zaini ai raggi-X perché é vietato introdurre cibo, chewing-gum, acqua per più di mezzo litro (è ammessa solo quella che forniscono loro al momento dell’aquisito del biglietto), frutta, sigarette, tabacco e accendini; si potevano portare dentro il complesso monumentale cellulari, tablet e macchine fotografiche, ma non altri altra attrezzatura elettronica: a Paolo hanno sequestrato la pila che tiene sempre accanto al telefono.
I palazzi di mattoni rossi, fatti dello stesso materiale dello scheletro del Taj Mahal ma non ricoperti da marmo bianco, accompagnano lo sguardo del visitatore simmetricamente dagli ingressi per condurlo fino alla porta da cui si coglie l’immensità marmorea del mausoleo; lì il giardino e le vasche d’acqua esaltano l’architettura imponente del “Palazzo della Corona” dove ogni particolare è un simbolo religioso o solo di costume: le ventidue cupole bianche che sovrastano il palazzo d’ingresso, ad esempio, sono il numero di anni che hanno impiegato per costruirlo, mentre i fiori decorativi all’interno del mausoleo sono quasi tutti composti da 64 pezzi, simboli eterni del le sessantaquattro mila volte che un’anima si può reincarnare.
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Accanto al monumeto d’amore eterno dell’imperatore Moghul alla moglie preferita, con la stessa tecnica sono stati costruiti a sinistra una mischea e a destra un palazzo per ospitare la famiglia reale nelle sue visite ad Agra; all’ingresso invece i porticati erano usati anticamente per ospitare durante la notte i pellegrini giunti a rendere omaggio agli antichi sovrani.
I palazzi, costruiti con amido di patate, amido di lenticchie, amido di riso, limo e mattoni rossi, hanno le parti bianche fatte da un intonaco particolare che, nell’edificio principale che è il mausoleo, serviva come cemento su cui poi attaccare il marmo bianco decorato: ogni lettera è un pezzo unico di onice nera, ogni blocco decorato ha il fiore intarsiato sul quell’unico blocco e ogni colore è dato da una pietra preziosa diversa che va dal corallo all’ambra al lapislazzulo.
Foto, foto e ancora foto, ma per entrare nella zona del mausoleo e della moschea si può accedere solo a piedi scalzi o con le sovrascarpe; all’interno la visita è breve: separati all’entrata turisti e indiani ci si ricongiunge nella sala ottagonale che ospita le repliche delle tombe dell’imperatore e la moglie, mentre guardie in uniforme controllano la situazione con dei fischietti, dando i tempi di visita e bruscamente le indicazioni su dove proseguire la visita; nel parco tutt’intorno oltre ai visitatori ci sono cani, scoiattoli e persino delle scimmie che, dall’alto e da lontano, sembrano controllare la situazione.
Taj Mahal
Usciti dal Taj Mahal il caos del mercato ti accoglie dirompemte, contrastando fortemente cn il quasi silenzio del complesso monumentale: i venditori fanno a gara a portarti nel loro negozio e quasi ti trascinano non accettando un “no” come risposta; fatti i classici acquisti da turisti torniamo ai minibus elettrici e, rischiando l’impatto con gli altri mezzi, torniamo al nostro pulmann. Mendicanti e venditori si accalcano intorno a noi e per un attimo sembracche ci voglaino inseguire fin dentro l’autobus.
Nemmeno il tempo di capire cosa c’è nel buio nebbioso intorno a noi che eccoci arrivati all’albergo: giusto il tempo di rinfrancare membra e corpo e alle 20.00 ci ritroviamo nella hall per cena…o almeno è quello che crediamo: seduti a tavola attendiamo il nostro pollo al curry per più di un’ora, tanto da socializzare con le bambine indiane del Canton Ticino sedute al tavolo accanto a noi. A cena finita, stanchissimi e provati dalle quasi 40 ore di veglia, è il momento di piccoli sfoghi, ma i comodi letti e la prospettiva di alzarsi alle 4 hanno la meglio: tutti in camera e..buona notte!